Il cibo del re (parte seconda)

Il guest post di Kathryn Warner settimana scorsa ci aveva rivelato quali fossero i cibi preferiti di Edoardo II e il ruolo fondamentale della buona tavola presso la sua corte. Ecco la mia risposta per quanto riguarda ciò che Edoardo potrebbe aver gustato qui in Italia se, come sostiene la lettera Fieschi, trascorse del tempo nelle colline dell’Oltrepò, tra gli Appennini a sud di Pavia (specialmente nella Valle Staffora vicino a Cecima)

Domenica scorso The Auramala Project con i suoi amici di Cantina Montelio e Ristorante Selvatico abbiamo festeggiato il Giorno di Sant’Antonio, 17 gennaio, a Sant’Alberto di Butrio con un buon piatto di zuppa di castagne e latte, e un bicchiere di ottimo vin brulè. Tradizionalmente durante questa festività, nella Valle Staffora, si consumavano le castagne inzuppate nel latte. I frutti del castagno, caduti l’autunno precedente, venivano tostati a secco per preservarli durante l’inverno, rendendoli duri come sassi (questo processo è descritto nel sesto capitolo del mio romanzo Edward). Le castagne erano poi bollite per un paio d’ore, in modo da ammorbidirle, e infine servite nel latte tiepido. Non si sa a quando risalga tale uso, ma sicuramente entrambi gli ingredienti erano presenti in abbondanza all’epoca di Edoardo II. La castagna infatti era alla base dell’ alimentazione degli abitanti degli Appennini e il latte era prodotto in grande quantità nella Valle Staffora grazie all’antica razza della vacca varzese, una specie locale nota per fornire una deliziosa materia prima. E’ ispirandomi a questa tradizione che ho voluto che Edoardo II nel diciassettesimo capitolo del mio libro mangiasse castagne e latte il giorno di Sant’Antonio. Esattamente come noi di The Auramala Project domenica scorsa!

Kathryn Warner ci ha raccontato quanto Edoardo II amasse mangiare pesce e crostacei. Logicamente, vista la distanza dal mare, non vi era un’abbondanza di pesce d’acqua salata nella Valle Staffora. Tuttavia, i fiumi locali erano ricchi di trota e storione e, dal momento che non esistevano frigoriferi e conservare i cibi era un grosso problema, una specialità locale era la trota “in carpione”. Infatti il pesce veniva mantenuto più a lungo marinandolo in aceto di vino e erbe per giorni, a volte addirittura settimane. Come già detto nel caso precedente, non è possibile datare questa ricetta, ma gli ingredienti erano sicuramente disponibili nel periodo a cui facciamo riferimento. Lo storione, al contrario, è meglio che lo si consumi fresco. Io vengo da Darwin, in Australia, ovvero la patria del barramundi e di solito mi faccio quattro risate quando qualcuno mi dice “questo sarà il miglior pesce che tu abbia mai mangiato”. Ma dopo una cena all’Osteria del Previ a Pavia ho dovuto ammettere che lo storione locale si scioglie letteralmente in bocca, davvero prelibato! Un altro pesce che Edoardo II avrà sicuramente assaggiato da queste parti, come in molti altri paesi d’Europa, è l’anguilla. Al tempo era particolarmente pregiata perché poteva essere trasportata per lunghe distanze pur preservandone la freschezza, semplicemente collocandola viva in un secchio pieno di erba bagnata. Vi erano moltissime ricette a base di anguilla nella cucina medievale anche se, al giorno d’oggi, molti storcono il naso all’idea. L’ironia della sorte ha voluto che l’unica volta che ho avuto l’occasione di assaggiare l’anguilla mi trovassi proprio a Londra! Sfortunatamente il negozio era chiuso!

Per quanto riguarda la cucina italiana di quel periodo, le nostre fonti più attendibili sono da ricondursi al genere della novella, risalente al XIV secolo. Le novelle consistono in una via di mezzo fra il moderno racconto e la fiaba, anche se le migliori sono arricchite da riferimenti extratestuali ed elementi di critica sociale. Le novelle più conosciute sono quelle contenute nel Decameron di Boccaccio, famose per le loro tematiche moderne molto “sesso droga e rock’n’roll” e ambientate in tutta Italia: da Firenze, a Pavia, a Napoli, alla Sicilia. Grazie a Boccaccio scopriamo, ad esempio, che il parmigiano a quei tempi esisteva e veniva già gustato grattuggiandolo sulla pasta in molte regioni italiane; dalla stessa novella contenente questa informazione apprendiamo anche che i maccheroni e i ravioli erano stati già “inventati” e questi ultimi venivano cucinati in brodo di cappone (gallo castrato).

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La macellazione del maiale in un manoscritto del basso medioevo. Mentre il maiale viene ucciso, una donna è pronta con scodella e secchio per non sprecare il prezioso sangue dell’animale, da trasformare in sanguinaccio sia dolce che salato, a secondo delle usanze del posto. Ancora oggi simili scene si possono vedere in molte zone dell’Italia rurale.

Nonostante la loro fama, le novelle di Boccaccio non sono l’unica fonte relativa alla vita quotidiana nel XIV secolo in Italia; elementi essenziali si possono reperire infatti nelle Trecento Novelle di Franco Sacchetti. Questi racconti sono meno sofisticati di quelli del Boccaccio dal punto di vista letterario e spesso trattano di cibo e vino ed è qui che, ad esempio, ho trovato una descrizione di un budino nero dolce a base di sangue di maiale, preparato nel periodo della macellazione (in Edward Capitolo 13).

Anche nelle Trecento Novelle possiamo trovare un lungo elenco di cibi che erano reperibili al tempo: prosciutto affumicato (prosciutto crudo), salame, coppa, pancetta. La letteratura del tempo, infatti, non lascia alcun dubbio: i derivati del maiale erano, come oggi, tra i cibi preferiti in Italia e il rituale della macellazione del maiale era un momento fondamentale dell’anno.

Ne troviamo conferma anche nella pittura dell’epoca, come nel caso del castello di Lomello dove è possibile ammirare un affresco del XIV sec, raffigurante le “Quattro Stagioni”, in cui l’inverno è rappresentato dal rito della macellazione del maiale.

Se desiderate approfondire l’argomento potrete farlo in modo molto piacevole leggendo le novelle di Boccaccio e Sacchetti, ma anche la poesia di Dante e del suo rivale Cecco Angiolieri. Sono stati condotti inoltre molti studi sull’argomento, di cui potrete leggere ne “La vita quotidiana ai tempi di Dante” di Pierre Antonetti e nel saggio di Valeria Mouchet dal titolo “Cibo nelle novelle medievali” , entrambi disponibili in italiano.

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